Le parole del vino – Seconda parte

Le parole del vino è un’analisi sull’uso di termini descrittivi del vino a cura del prof. Mario Ubigli e dott.ssa Maria Carla Cravero.

L’articolo viene suddiviso in tre parti per motivi tecnico-editoriale:

  • la prima parte, pubblicata il 12 aprile 2024, ha trattato il tema de “L’importanza della parola” per l’assaggiatore;
  • la seconda parte sviluppa i temi de “La degustazione” e “Le liste ed i glossari”;
  • la terza parte commenta alcuni termini utilizzati per la degustazione e le relative conclusioni.

La degustazione

L’ipotesi Noè ” , Patrick E. McGovern, autore del libro “L’archeologo e l’uva” ed. Carocci, “si riferisce alla ricerca del DNA per scoprire quando e dove venne domesticata per la prima volta la vite selvatica euroasiatica”.

In concorrenza a Dioniso, il patriarca biblico sopravvissuto al diluvio, sarebbe dunque il primo viticoltore, il primo cantiniere e il primo assaggiatore.

Stralci di storia

Non è facile datare la nascita della viticoltura e tanto più del vino.

Per certo, la documentazione non abbonda, ma a. C.  “I geroglifici che significano ‘uva, vigna, vino’ sono le prove più significative che la viticoltura egizia fu altamente sofisticata fin dagli inizi” (L’archeologo e l’uva, Patrick McGovern, Ed. Carocci).

 È attorno al 3100-2700 a.C. che si fanno risalire le più antiche “etichette da vino”. Si tratta di sigilli cilindrici che venivano posti su pesanti tappi di argilla che sigillavano gli orci di argilla. 

Sono stati effettuati, tra il 1910 e il 1920, nella zona di di Malkata, importanti scavi e sono stati rinvenuti numerosi reperti riferibili al regno  di Amenofi III (1413-1377 a.C:). Si tratta di spalle di orci con iscrizioni con inchiostro nero (ostraka).

Dopo la carne il prodotto più citato è il vino, 285 volte il 20% del totale.

Come le moderne etichette da vino, gli ostraka fornivano informazioni sulla produzione e il vino contenuto in ogni anfora. La parola egiziana per ‘vino’ , Irp,  veniva talvolta modificata dalle parole ‘genuino’, buono’ e ‘ottimo’, anche ‘davvero ottimo’, come garanzie addizionali dell’alta qualità del vino”.

L’archeologo e l’uva, Patrick McGovern, Ed. Carocci. 

Questi giudizi sono attribuibili solo mediante l’assaggio, probabilmente, sommario, ma sempre tale da potersi considerare, se non la prima forma di degustazione, certamente una delle prime.

Rileva Peynaud (1) che esistono delle differenze tra la banale consumazione e la degustazione, nel primo caso il bere è generalmente muto, nel secondo è per lo più parlato.

Cosa è un glossario?

Il glossario è l’insieme delle parole utilizzate per descrivere un vino  e a motivo della indispensabile specializzazione, talvolta, viene considerato ermetico, talora esoterico e rivolto soprattutto agli iniziati e, quindi, tendente alla esclusione di chi iniziato non è.

Questo linguaggio del degustatore può sembrare sorprendente per il profano perché il vino, in molti casi, è una bevanda quotidiana, familiare e quel modo di parlarne può sembrare una burla. 

Soprattutto, se come osserva Francesco Annibali (2), si verifica che:

 “la lingua enologica utilizzata dall’esperto è caratterizzata da una forte componente liturgica, nel senso che questi tende a rifugiarsi in zone del linguaggio altamente tecnico-specialistiche, anche quando la comunicazione  è stata pensata per il grande pubblico”.

Le liste e i glossari: le parole del vino

Peynaud (l.c.) ci informa, citando alcune liste di termini, che, probabilmente, quelle che menziona non sono affatto tutte quelle esistenti, ma le più note:

  • nel 1955 compare quella di Norbert di 250 vocaboli,
  • nel 1962 Le Magnen propone la propria di 150 termini,
  • nello stesso anno compare “Il Dizionario del vino” edito da Féret con 450 parole,
  • nel 1972 Vedel e il suo gruppo arrivano a 900, di cui 470 riguardano i caratteri gustativi (vino in bocca).
Le liste di termini per definire i vini non sono un gioco di sfaticati bevitori, ma nascono dalla necessità di definire qualitativamente i vini che, sul finire del XVIII secolo, cominciano a diffondersi e a conquistare i mercati, inoltre, compaiono nuove bevande come il caffè, la cioccolata, alcuni nuovi liquori che inducono a distinguere e a differenziare i vari aromi ed i diversi sapori.

Ma, anche tra i vini appaiono prodotti di qualità elevata che devono essere riconosciuti nei confronti della massa di quelli più banali.

Cosi Peynaud (1) giustifica la nascita dei glossari:

“Si comprende che bisogna, ormai, poter disporre di una degustazione giustificativa, precisa e descrittiva, e di vocaboli che permettano di differenziare le diverse classi dei vini. È altresì necessario comunicare il piacere derivato dal bere.” 

Quest’ultima considerazione ci pare che vada sottolineata perché ci sembra che apra la via alla equiparazione del bello con il buono.     

Se scorriamo su internet i molti e vari siti riguardanti il vino troviamo liste e schede a profusione, non è stato così nel passato, il cammino del glossario del vino, infatti, è stato piuttosto lento.

 In questo contesto, crediamo che sia sintomatico e, possa bastare a confermare quanto appena scritto, il fatto che la parola “degustare” compare in Francia nei testi ufficiali solo nel 1813 con la firma di Napoleone che di vini, e di cibo in genere, non era di certo un appassionato cultore.

 I primi concreti esempi di liste di termini che parlano, più o meno, “tecnicamente” del vino vengono costituiti verso la fine del XVIII secolo.

Naturalmente le liste si allungano con il progredire delle conoscenze sulla composizione del vino, l’evoluzione delle tecniche di elaborazione, l’innalzamento qualitativo del prodotto, ecc.

 Ci riferiamo, ad esempio, alla lista di Maupin (1779), produttore di vino, responsabile dei giardini di Versailles. La lista consta di 42 termini, 13 di essi tecnici, ossia pertinenti con il vino (inclusi: fluido, potabile e inebriante) il resto traslati.

Quanti sarebbero applicabili oggi al vino?

Non è semplice rispondere, non conosciamo a fondo i glossari in uso in Francia, crediamo tuttavia che almeno una trentina di questi vocaboli si possano adattare ai vini attuali.

La seconda lista è del celebre conte Antoine Chaptal (1756-1832) e  data 1807.  Chaptal è stato un ecclettico personaggio. Chimico, come agronomo lavorò anche in Piemonte e fu ministro di Napoleone. Qui lo leggiamo come enologo.

La sua lista consta di 47 termini. Quelli pertinenti al vino ci paiono essere 16, mentre i restanti sono vocaboli traslati. Le parole sopravvissute al tempo e adattabili al vino, a nostro avviso, sarebbero 32.

Di fronte all’autore della terza lista Pijassou, restiamo come il don Abbondio manzoniano di fronte a Caronte.

Accenna alla sua esistenza il Peynaud (l.c.) per dirci che si interessò ai vini bordolesi tra il 1798 e il 1820.

Purtroppo non disponiamo della lista intera, ma solo dell’elenco dei termini che non erano inclusi nelle liste precedenti. Si tratta di 12 vocaboli, importanti quelli che hanno resistito all’usura del tempo, come, ad esempio, retro-gusto, robusto, rotondo e vellutato.

Veniamo ora all’ultima delle liste storiche

La dobbiamo ad Andrè Jullien (1766-1832), autore del trattato “Topographie de tous les vignobles connus” uscito nel 1816 (noi disponiamo della riedizione del 1822).

È stato produttore di chiarificanti, additivi e coadiuvanti vari, uno dei quali, in caso di carestia, epidemia, e disgrazie varie, poteva esser utilizzato anche per l’alimentazione umana.

È una figura di primo piano nella storia dell’enologia e della degustazione dei vini.

Il suo trattato è preceduto da una lista di termini, sono una settantina e ciascuno di essi, aspetto di grande interesse, soprattutto, per i vocaboli traslati, è accompagnato dal significato che gli viene attribuito. Enologo molto stimato, premiato e considerato, muore di colera nel 1832.

I termini della lista sono 64 e fra di essi troviamo barrique, tonneau e pochi altri termini che sono compatibili con il lessico enologico, ma ci paiono poco pertinenti con il glossario della degustazione. 

Comunque sia 28 vocaboli ci sono parsi pertinenti, siamo vicini al 50%, e 3 di essi non siamo riusciti a interpretarli né come propri, né come metafore.

Facciamo ancora un balzo nel tempo e arriviamo al 1896 quando a Roma viene dato alle stampe un testo dal titolo “La mescolanza ossia il taglio dei vini” ad opera della Tipografia F.lli Centenari, ne è autore il Barone Giovanni a Prato.

Non si tratta di una lista di termini della degustazione di questo tipo di vini, ma di una descrizione da cui, però, si possono trarre alcune considerazioni.   

Sostiene il Barone che “L’olfatto ha da fare un lavoro se non più difficile certo più delicato della vista (precedentemente trattata)” e, infatti, noi non l’abbiamo considerata.

Segue

(1) Fonte: E. Peynaud, Le gôut du vin, edito da Dunod

(2) Fonte: F. Annibali, Il linguaggio del vino, Ed. Ampelos

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