Il Catarratto ora è “Lucido”

Esigenze di marketing?

I produttori siciliani nel recente passato sollevarono il problema sul nome “Catarratto” che risulta ostico da pronunciare fuori dai confini nazionali e quindi con grandi difficoltà di proporre il prodotto sui mercati esteri.

Per ovviare a questo iniziarono delle trattative con il Ministero e dopo due anni con il decreto del 21 novembre 2018 viene consentito “Ai soli fini della designazione dei vini provenienti dalle uve raccolte nella regione Sicilia” di riportare in etichetta il nome “Lucido”. Un termine non nuovo, già usato nel passato come sinonimo, in alternativa a Catarratto Bianco Comune e/o Catarratto Bianco Lucido.

Questo decreto rappresenta nella sua unicità una “rivoluzione”: il nome storico e tradizionale di un vitigno viene sostituito per esigenze di marketing con uno da un punto di vista lessicale più facile. Il decreto potrebbe essere traslato ad altre varietà dal nome impronunciabile o quasi non solo all’estero, ma anche fuori dal territorio locale.

Altro elemento di riflessione, non è che cambiando il nome della varietà dà dignità ad un vino, sono altri gli elementi che definiscono il suo successo commerciale in primis: la qualità e la capacità progettuale della sua promozione. 

Storia del vitigno

La varietà, coltivata da secoli in Sicilia, è stata descritta da Francesco Cupani (1696) nella sua opera “Hortus catholicus”, successivamente da Sestini (1760) nelle sue “Memorie sui vini siciliani e dall’abate Geremia (1835).

La prima distinzione è stata fatta da Macagno nel Bollettino Ampelografico (1883); Paulsen (1905) considera il Bianco Lucido una selezione di quello Comune che si differenzia per la forma del grappolo e degli acini

Nel 1970 Pastena individuò quattro biotipi: Catarratto bianco comune, Catarratto Bianco lucido serrato, Catarratto bianco lucido spargolo e Catarratto bianco extralucido.

Caratteri morfologici

La varietà è iscritta al Registro Nazionale Varietà da Vino come due vitigni autonomi: Catarratto bianco comune e Catarratto bianco lucido, anche se, per alcuni studiosi, sarebbe più corretto indicarli come due cloni diversi della stessa varietà (Di Vecchi Staraz et al. 2007). 

  • Catarratto bianco comune: un vitigno con buona vigoria e produttività costante, la forma di allevamento principale è la controspalliera con potatura Guyot o corta. Il grappolo è mediamente grosso, lungo, alato, cilindro-conico o piramidale, da medio a compatto con acino da medio-piccolo a piccolo, ellittico o sferico, di colore verde-grigio tendente al rosa nella parte esposta al sole.
  • Catarratto bianco lucido: ha caratteri di vigoria, di produttività e di allevamento simili al “bianco comune”.  Il grappolo è mediamente grosso, lungo, alato, cilindro-comico, compatto con acino da medio-piccolo a medio, poco pruinoso, sferoide o ellittico di colore verde grigio, con sfumature dorate nella parte esposta

Una curiosità, il Catarratto Bianco, attraverso un incrocio naturale con Moscato di Alessandria, avrebbe dato origine al Grillo. (Di Vecchi Staraz et al. 2007; Crespan, Calò et al 2008).

Caratteristiche organolettiche

La varietà rappresenta oltre il 30% (ca. 30 mila ettari) del vigneto Sicilia, rientra nella base ampelografica di numerosi vini a DOP (es. Sicilia, Alcamo, Marsala …) e IGP ed è tra i vitigni più coltivati in Italia.

Vinificato, in purezza, si presenta con un colore giallo paglierino tendente al dorato, al naso evidenzia lievi sentori fruttati e note floreali, in bocca si caratterizza per alcolicità con buona struttura, mediamente acido e morbido, tende a “marsaleggiare” se non correttamente vinificato.

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