Rischi per la salute del consumatore
I composti che hanno maggiore impatto sulla salute dei consumatori sono le micotossine e le ammine biogene.
Le micotossine sono metaboliti secondari prodotti da funghi filamentosi responsabili di fenomeni di avvelenamento, tossicità acuta e cronica ma, anche, effetti mutageni e cancerogeni.
Dove si trovano?
Sia nei prodotti vegetali (cereali, legumi, cacao, uva, spezie), sia nei prodotti di origine animale (carni suini e prodotti derivati), sia nelle bevande (birra, vino e succhi di frutta).
Nell’uva e nel vino la micotossina rilevata è l’ Ocratossina A (OTA), talvolta è presente ma in bassa concentrazione: la Fumonisina.
L’OTA, prodotta principalmente da Aspergillus carbonarium e A. Niger, è quella più importante, penetra nell’acino attraverso le fessurazioni della cuticola (causate da grandine, insetti, …), entra a contatto con il succo e poi migra dall’uva contaminata nei mosti durante la macerazione.
Fattori che influenzano lo sviluppo: le condizioni climatiche favorevoli (forte umidità, pioggia e alte temperature), il grado sanitario delle uve e acini, suscettibilità varietale, interventi agronomici e l’area geografica di coltivazione della vite.
Le concentrazioni di OTA risultano superiori nelle regioni dell’Europa meridionale
Rischi per la salute
L’OTA è una potente nefrotossina che l’EFSA (European Food Safety Authority) giudica particolarmente tossica, che, in funzione della dose e durata all’esposizione, accumulandosi nei reni, crea gravi danni (Nefropatia endemica dei Balcani e tumori nel tratto urinario) e ha effetti genotossici (danni al DNA).
Di conseguenza, sulla base degli studi tossicologici sono stati definiti per l’OTA dei parametri di riferimento: per JECFA: PTWI (Provisional Tolerable Weekly Intake) 112 ng/kg a settimana e per EFSA: PTW (Tolerable Weekly Intake) 120 ng/kg a settimana (circa 1 μg per 60 kg di peso a settimana).
Per il sistema di classificazione dell’Unione Europea (reg. CE n. 1272/2008), le micotossine rientrano nella classe 2B: sospetto di effetti cancerogeni e di causare mutazioni ereditarie nelle cellule germinali umane.
La Commissione Europea ha fissato una soglia limite di 2,0 µg/l (ppb) per l’OTA nei vini, quelli che superano questo limite non possono essere commercializzati, né utilizzati per la distillazione o l’acetificazione.
Il Ministero della Salute italiano ha definito un “Piano nazionale di controllo ufficiale delle micotossine negli alimenti” dove l’oggetto di priorità per l’OTA è riferito ai vini rossi e passiti.
Risoluzioni OIV
L’OIV nel 2005 (Risoluzione VITI-OENO 1/2005) ha emanato un “Codice di buone pratiche vitivinicole per limitare al massimo la presenza di Ocratossina A nei prodotti derivati dalla vite” che definisce e descrive le varie azioni da intraprendere nei vigneti e nelle cantine al fine di contribuire alla riduzione dei rischi associati alla presenza di OTA.
In vendemmia
Per la produzione di uve secche e di uve appassite destinate a produrre vini passiti consiglia:
- igiene dei recipienti;
- disposizione dei grappoli in un solo strato;
- favorire l’essiccazione progressiva;
- misure necessarie per evitare lo sviluppo delle drosofile.
Precisa che “solo una vendemmia sana garantisce una qualità e una sicurezza ottimale dei prodotti vitivinicoli”.
In vigneto
Suggerisce, ad esempio:
- di preferire impianti in zone areate;
- sistemi di allevamento che facilitano le operazioni colturali e varietà più adatte alle condizioni pedoclimatiche delle specifiche zone di coltura;
- scelta di portinnesti meno vigorosi;
- varietà di vite meno sensibili allo sviluppo di muffe e di marciumi dell’uva;
- inerbimento e protezione fitosanitaria adeguata.
In cantina
Raccomanda di:
- determinare il contenuto di OTA nei mosti destinati alla vinificazione, nelle condizioni in cui esiste un rischio di contaminazione da parte di OTA;
- evitare trattamenti di riscaldamento del pigiato e macerazioni intense e prolungate;
- adattare l’intensità della torchiatura allo stato sanitario dell’uva e, nel caso di un’elevata contaminazione di uve rosse, valutare la possibilità di vinificare in rosato;
- evitare l’utilizzo di enzimi pectolitici per le operazioni di chiarifica o di macerazione e, nelle successive chiarifiche, meglio utilizzare il carbone enologico;
- indica “per le fermentazioni alcoliche o malolattiche, di utilizzare lieviti o batteri che abbiano proprietà di assorbimento dell’OTA …” e “dopo la fermentazione è consigliato di svinare quanto prima possibile”.
Nel 2017 l’OIV ha pubblicato una scheda e una monografia sull’uso di fibre vegetali selettive ad uso adsorbente durane la filtrazione dei vini, al fine di ridurre il contenuto di OTA. (Ris. OIV-ENO 582-2017 e OIV-ENO 578-2017).
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