Dogliani DOCG: il dolcetto in evidenza

Quale occasione migliore per degustare il Dogliani DOCG se non l’evento Dogliani terroir” che si tenuto a Mondovì l’8 e 9 giugno.

L’evento ha messo al centro il Dogliani DOCG, raccontandone le sfumature attraverso due giorni di masterclass, degustazioni tematiche e banchi d’assaggio.

 Il Dogliani DOCG è vino rosso fermo, secco, con base ampelografica Dolcetto 100%, un vitigno che negli ultimi tempi è stato bistrattato, in alcune zone abbandonato e sostituito da altre varietà.

Nell’areale dove ricade la DOCG Dogliani, invece, è rimasto il vitigno di riferimento dando origine ad un vino profumato, piacevole alla beva e gastronomico, declinato nel Disciplinare nelle tipologie:

  • «Dogliani»
  • «Dogliani» superiore.

Il Dolcetto nel tempo

La prima citazione è di Giuseppe Nuvolone Pergamo conte di Scandeluzza, che definisce, nel suo trattato del 1798: “Sulla coltivazione della vite e sul metodo migliore per fare e conservare il vino”, il:

“Dolcetto: vitigno della tradizione piemontese”.

Anche se testimonianze portano a pensare che la sua origine sia più antica come ad esempio l’ordinanza della municipalità di Dogliani del 1593 che disciplinava la vendemmia e tra le uve citava i “dozzetti”.

La diffusione del Dolcetto è prevalentemente ristretta alla regione Piemonte e all’entroterra della provincia di Imperia dove è conosciuto con il nome di “Ormeasco”, ancorché la varietà sia tra le uve autorizzate in altre regioni italiane.

Il vitigno è sensibile alle malattie fungine e tende all’acinellatura, nella fase fermentativa e post fermentativa non è raro che compaiano odori d’idrogeno solforato (uova marce) che, per lo più, scompaiono con i rimontaggi.

Le bucce sono molto colorate e ricche di pectine il che comporta esigenze tecnologiche particolari.

Recenti analisi del DNA hanno identificato i genitori del Dolcetto: Dolcetto Bianco, vitigno differente e non una mutazione del colore, e Moissan, antico vitigno piemontese. (Stefano Raimondi et Al, 2020 – Scientific reports ).

Caratteristiche del territorio

La conformazione del paesaggio nasce dall’azione erosiva nei millenni del fiume Tanaro e dei sui affluenti che scorrono nel territorio, ad esempio il torrente Rea che attraversa Dogliani.

La zona di produzione del dolcetto di Dogliani, come cita il Disciplinare:

“Il Doglianese è situato sul margine occidentale delle Langhe ed è una zona di demarcazione geologica, dove è molto evidente l’alternarsi di versanti lunghi e corti, che sono il risultato del movimento di innalzamento dei suoli chiari, con presenza in qualche caso di strati di arenarie frammisti a suoli più marcatamente argillosi”.

La zona di produzione delle uve interessa l’intero territorio dei comuni di:

  • Bastia Mondovì, Belvedere Langhe, Briaglia, Castellino Tanaro, Cigliè, Clavesana, Dogliani, Farigliano, Igliano, Marsaglia, Monchiero, Niella Tanaro, Piozzo, Rocca Cigliè,

e in parte il territorio dei comuni di:

  • Carrù, Mondovì, Murazzano, Roddino, S. Michele Mondovì, Somano e Vicoforte.

Il clima risente della vicinanza alle montagne dell’Appennino Ligure e delle Alpi Marittime ed è congeniale al vitigno Dolcetto che soffre il caldo eccessivo, anche se i cambiamenti climatici stanno creando difficoltà in vigna a causa della siccità prolungata e delle alte temperature.

Caratteristiche del vitigno e del vigneto

Il Disciplinare riporta che i vigneti del Dogliani richiedono terreni argillosi, calcarei, silicei e loro eventuali combinazioni, con giacitura collinare, esclusi quelli di fondovlle, ad un’altitudine non superiore a metri 800 metri s.l.m.

La densità di impianto è fissata con un limite minimo di 4000 ceppi a ettaro, è vietata ogni pratica di forzatura.

La resa massima per il Dogliani di è di 8,0 t/ha, con titolo alcolometrico volumico minimo naturale dell’11,50% vol. Per la versione Dogliani superiore è di 7,0 t/ha con titolo alcolometrico volumico minimo naturale del 13,0% vol.

Tecniche produttive

Il Disciplinare dichiara: la resa uva/vino è del 70% per la tipologia Dogliani e del 68% è per il Dogliani superiore.

La produzione massima è stabilita in 5600 l/ha per il Dogliani e 4760 l/ha per il Dogliani superiore. 

Unicamente per il Dogliani superiore:

  • il periodo minimo d’invecchiamento di 12 mesi a partire dal 15 ottobre dell’anno della vendemmia,
  • l’immissione al consumo è consentita dal 1° novembre dell’anno successivo alla raccolta,
  • non è consentito l’arricchimento.

Obbligatoria l’indicazione dell’annata su entrambe le versioni.

Per tutte le tipologie è prevista la menzione aggiuntiva “vigna”, seguita dal relativo toponimo.

I descrittori del Dogliani DOCG

Le caratteristiche stabilite dal Disciplinare sono comuni per le due tipologie:

  • colore: rosso rubino,
  • odore: fruttato e caratteristico,
  • sapore: asciutto, ammandorlato, armonico.

Le due tipologie si differiscono nel titolo alcolometrico totale minimo del 12,0% vol. per la versione base e anche per menzione “vigna” e del 13,0% vol. per quella superiore e menzione “vigna”.

Dogliani DOCG 2024

Dogliani DOCG 2023

Masterclass

Tra gli incontri programmati durante “Dogliani terroir”, la masterclass “Le annate: superiore 2023 e classico 2024 nelle zone Dogliani DOCG – Andamento climatico e rispondenza del territorio” ha permesso di valutare le due annate.

I campioni sono stati presentati in forma anonima e rilevati dopo la degustazione.

I vini degustati nella Masterclass si presentavano con un colore vivace e inteso rosso rubino con riflessi violacei, per contro i riflessi variavano in granata in alcuni campioni del millesimo 2023.

Le note olfattive erano complesse, ricordavano i frutti come la ciliegia matura, il ribes rosso, il mirtillo, la mora, il sottobosco, la confettura di prugna, i vini affinati in legno evidenziavano anche note speziate, balsamiche nonché legnose.

Al palato l’ammandorlato si fondeva con l’astringenza che rendeva il vino armonico con  presenza di aromi speziati e di liquirizia.

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